Una tempesta perfetta sulle piccole imprese del settore della moda

Per tastare il polso al settore della moda, oggi interessato da notevoli fibrillazioni, l’Area Studi e Ricerche CNA ha realizzato per CNA Federmoda un’indagine di campo presso un campione di artigiani e piccoli imprenditori attivi nei tre principali sotto-settori (Industrie tessili, Confezioni di articoli di abbigliamento, Confezioni di articoli in pelle e simili). Delle circa 600 imprese esaminate la gran parte operano conto terzi: le “contoterziste pure” sono il 51,3% del totale, ma si arriva al 76,7% considerando quelle che operano sia conto terzi che con un marchio proprio.

L’indagine evidenzia come le filiere della moda presentino una serie di problematicità: la gran parte delle imprese lavora su commesse che provengono da un numero molto limitato di clienti. Il 40,8% ne ha meno di 6 e per la pelletteria il dato cresce fino al 50,0%. Inoltre, il 28,4% delle imprese dichiara che il numero dei loro clienti si è ridotto negli ultimi 2 anni; il 67,5% delle imprese dichiara di trovarsi spesso ad operare come contoterzista di 2° livello, ossia senza relazioni dirette con il cliente finale, quello che colloca il prodotto finito sul mercato; la maggior parte delle imprese (il 54,7%) hanno rapporti con i clienti che non sono regolati da contratti formali. Solo il 17,1% dichiara di lavorare «sempre» con un contratto; una quota non secondaria di imprese (il 21,0%) dichiara che i rapporti con il loro principale cliente sono peggiorati negli ultimi anni; solo il 22,1% delle imprese sostiene di avere una buona capacità negoziale con i committenti, spuntando prezzi in grado di garantire la piena sostenibilità economica dell’attività produttiva.

Questa vulnerabilità, in coincidenza con la congiuntura negativa che caratterizza oggi i tre settori e in particolare quello dell’area pelle, presenta forti rischi per una quota non secondaria di imprese, con potenziali ricadute negative sull’occupazione e sulla tenuta di uno degli assi portanti del made in Italy. Infatti: Il 39,3% delle imprese nel 2023 hanno registrato un ridimensionamento del fatturato rispetto all’anno precedente. Quelle che hanno subito un “forte ridimensionamento” (superiore al 20%) sono il 16,7 % del totale (ma si arriva al 20,1% nella sola pelletteria e al 24,1% in Toscana, regione fortemente caratterizzata dalla presenza di imprese della filiera della moda); una conferma del fatto che il problema riguarda specificamente i contoterzisti viene dal fatto che le aziende che sono presenti con marchio proprio sui mercati esteri presentano andamenti di fatturato 2023 decisamente migliori della media: solo il 9,8% del totale dichiara ridimensionamenti; sul fronte dell’occupazione i dati segnalano una sostanziale stabilità per il 44,6% delle imprese.

Quelle che sono cresciute dimensionalmente e quelle che hanno ridimensionato la loro base occupazionale si equivalgono (27,0% e 28,4% rispettivamente). Però non è così per la pelletteria, dove il ridimensionamento arriva ad interessare il 34,2% delle imprese. Il ricorso alla Cassa Integrazione – che come è noto è stato massiccio nel 2020 (l’anno segnato dalla pandemia), era sceso molto nel 2022 (solo il 15,5% delle imprese ne aveva fatto richiesta) ma è poi risalito nel 2023 coinvolgendo 25,6% delle imprese. Da segnalare un ricorso superiore alla media per contoterzisti puri (35,1%) e per le sole imprese operanti in Toscana (33,8%); l’indebitamento medio delle imprese non è elevatissimo (anche se il 43,7% delle imprese dichiara che è cresciuto molto rispetto al 2019). Si segnala però che per una quota non secondaria di imprese (il 15,0%) si tratta di un indebitamento considerato «difficilmente sostenibile».

Le imprese evidenziano inoltre che le principali difficoltà che si trovano oggi ad affrontare riguardano il «core» della loro attività, ossia i costi di produzione (lavoro, materie prime, energia). Quest’ultimi sono aumentati ma non altrettanto i prezzi che i clienti/committenti sono disposti a pagare. Tutto ciò sta comprimendo i margini e mettendo a rischio la sostenibilità economica complessiva. A ciò si aggiunge il calo degli ordinativi che sembra caratterizzare la fase attuale. Tra i problemi di «nuova generazione» trova invece risalto la difficoltà di reperimento di personale con le competenze necessarie.

Le opinioni in merito alla forma di sostegno alla filiera maggiormente auspicato si polarizzano sulla riduzione dell’IVA (62,7%), evidenziando con chiarezza una congiuntura negativa caratterizzata da una contrazione del mercato di riferimento. Per il 24,5% delle imprese sarebbe invece opportuna soprattutto una nuova moratoria sui debiti tributari o sui finanziamenti garantiti (21,1%).

Nella fase attuale circa la metà delle imprese vedrebbe positivamente l’inserimento della propria azienda all’interno di una rete di imprese o di un consorzio (sia di tipo orizzontale che verticale). Certamente sarebbe un modo per ridurre la vulnerabilità e compensare la “dittatura del committente” a cui le imprese sono oggi esposte.

Partendo da questa indagine CNA Federmoda avanzerà proposte di supporto al settore in occasione dell’ottava edizione di “Made in Italy _ Valore Economico Sociale Etico!” in programma a Cremona presso i locali dell’Università Cattolica sabato 20 aprile p.v. manifestazione che quest’anno pone l’attenzione su “Modelli di business e processi evolutivi per la moda del XXI secolo”

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