ESG e modello organizzativo

ESG. Un acronimo che, quando digitato su Google, produce 665.000.000 risultati. Eppure il 73% delle Pmi non ne conosce il significato, tantomeno le sue implicazioni nella conduzione di un’azienda (Capterra, 2022).

Proprio di questo è stato al centro dell’incontro organizzato ieri sera da CNA Scandicci Lastra a Signa, “ESG e modello organizzativo Dlgs 231”. A parlarne alla platea di imprenditori presenti Simone Balducci, Presidente CNA Scandicci Lastra a Signa, Massimo Cerbai, consulente, Lorenzo Ciberti, avvocato e Monia Benazzi, imprenditrice.

Si tratta dei fattori di tipo ambientale (Environmental), sociale (Social) e di governo societario (Governance) che qualificano un’attività come sostenibile: processi produttivi meno energivori e con minor impatto sull’ambiente, riduzione delle emissioni, promozione di iniziative di diversità e inclusione, formazione aziendale, tanto per fare alcuni esempi.

Fattori che le imprese dovranno rendicontare da quest’anno. Ad oggi le piccole sono escluse dall’obbligo, ma nessuno, PMI comprese, può permettersi di ignorare i vantaggi che derivano da un buon rating ESG. Benefici strategici, come il miglioramento del posizionamento e della leva commerciale, il contenimento del rischio reputazionale, l’incremento delle opportunità di finanziamento, il possibile miglioramento dei costi di finanziamento, la riduzione del rischio di default (le società con valutazione ESG bassa hanno probabilità di fallire fino a 5 volte superiori rispetto alle virtuose, Cerved Rating Agency, 2022).

Sono varie le forze che stanno premendo e premeranno ancor più per la loro adozione: consumatori, finanza, normative e, non da ultimo, i grandi gruppi che non tollereranno certo eccezioni all’interno della loro catena di valore.

Insomma, per ottenere il credito da una banca, stipulare una polizza con una assicurazione, partecipare a un bando pubblico o lavorare come subfornitore per un grande committente, oltre alla qualità della produzione, agli aspetti economici e finanziari, le micro e piccole imprese dovranno portare al centro del proprio core business anche la tutela dell’ambiente, il rispetto delle comunità locali, la tutela della clientela, una cultura aziendale rispettosa delle diversità ed inclusiva e ogni altro driver di sostenibilità.

Nel prossimo futuro, banche, investitori e istituti di credito garantiranno maggiori finanziamenti (e a tassi più convenienti) solo alle imprese che saranno in grado di rendicontare gli impatti ESG, premiando la loro vocazione alla sostenibilità ambientale che, allo stato attuale, è però estremamente difficile da misurare.

CNA è già al lavoro affinché i modelli di rendicontazione vengano tarati (anche) sulla dimensione della piccola impresa, sia a livello europeo che a livello nazionale. Devono essere documenti non solo easy to read (ben diversi dai tomi cavillosi e tecnici che vengono di sovente sottoposti e che le imprese non possono far altro che siglare in calce), ma in grado di rilevare e premiare i comportamenti sostenibili delle PMI.

CNA è a completa disposizione in tal senso: con le proprie competenze bancarie, tecniche, industriali, relazionali e con i propri partner.